La tecnologia ha sempre permesso di facilitare le attività quotidiane e di migliorare le nostre condizioni di vita; quando questa diventa però onnipresente e il suo utilizzo diventa eccessivo, in particolare in ambito lavorativo, si possono presentare problemi che influenzano fortemente il proprio benessere psicofisico: si parla in questo caso di tecnostress. Il tecnostress è una malattia che provoca danni ai lavoratori in termini di salute e danni alla produttività aziendale.

Come spiegato in un articolo di Ecloga Italia S.p.A. del Marzo 2014 esso è un disturbo causato dall’uso scorretto ed eccessivo di tecnologie dell’informazione ed apparecchi informatici e digitali: può causare mal di testa, insonnia, ansia, ipertensione, calo della concentrazione, disturbi gastrointestinali, disturbi cardiocircolatori, calo del desiderio, attacchi di panico, depressione, alterazioni comportamentali.

Il tecnostress ha, infatti, effetti negativi non solo dal punto di vista fisiologico ma anche psicologico.

I sintomi provocati da questa patologia sono spesso poco considerati ma questi hanno un profondo impatto a livello aziendale dal punto di vista della produttività, con un conseguente enorme costo economico dovuto alle ore perse.

Coloro che sentono di non potersi staccare dalla tecnologia neanche per un momento sperimentano sintomi molto diversi come classificati dal sito specializzato tecnostress.it:

  • Soggettivi: Alcuni lavoratori possono provare ansia, depressione, rabbia, apatia, noia, stanchezza, frustrazione, senso di colpa, tristezza, solitudine, irritabilità, attacchi di panico ed euforia.
  • Comportamentali: Il tecnostress può provocare disturbi alimentari, difficoltà di parola, eccessi nel consumo di alcol o droghe, calo del desiderio sessuale, aggressività, ostilità nei confronti di parenti e colleghi. Alcuni lavoratori possono inoltre diventare apatici e passivi.
  • Cognitivi: I lavoratori affetti da questa patologia hanno cali di concentrazione, faticano a lavorare in team, hanno lievi amnesie e spesso si assentano da lavoro. Queste persone diventano inoltre più sensibili alle critiche e sono inclini ai fraintendimenti.
  • Fisiologici: Il lavoratore può sperimentare ipertensione, disturbi cardiocircolatori, vertigini, mal di testa, mal di schiena, disturbi del sonno e stanchezza cronica, sudorazione eccessiva ed emicrania.

In Italia il tecnostress è stato riconosciuto come malattia professionale nel 2007.

Un Disegno di Legge relativo alla regolamentazione di nuove forme di lavoro come lo smart working potrebbe essere un possibile metodo per ridurre lo stress di cui sopra?

Lo smart working nasce come strumento di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Il Disegno di Legge ha come finalità (art. 1 del Titolo II) la promozione di “forme flessibili del lavoro agile allo scopo di incrementare la produttività del lavoro e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

Si parla di lavoro che viene fatto a distanza con mezzi tecnologici come il PC o lo smartphone, anche in questo caso quindi si potrebbe cadere nella rivoluzione “tecnosmart/sempre connessi” che ha prodotto e favorito un lavoro senza limiti di tempo e di spazio.

Si suggerisce una terapia/prevenzione quale “digital-detox” cioè l’astensione dalla connessione della quale qualche azienda ne fa perfino un must del marketing aziendale interno e quindi si va affermando “il diritto alla disconnessione” per regolamentare la “libertà” del lavoratore negli orari non concordati (la normativa francese già lo prevede).

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