Secondo il D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66, il periodo notturno è definito come “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”.

Mentre per lavoratore notturno si intende:

  1. Qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolge almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale (lavoratore notturno orizzontale);
  2. Qualsiasi lavoratore che svolge durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro, secondo le norme definite dai contratti collettive di lavoro, oppure, in assenza di disciplina collettiva, che durante il periodo notturno svolge almeno tre ore del suo tempo per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno (lavoratore notturno verticale). 

Rischi per la salute e la sicurezza nel lavoro notturno

I lavoratori a turni, compresi i turni notturni, sono più esposti a condizioni di stress per l’organismo, che comportano l’alterazione del ciclo circadiano (sonno/veglia), con una conseguente variazione delle funzioni biologiche, con effetti a breve termine (disturbi del sonno, problematiche all’apparato digestivo, aumento o diminuzione di peso, stress) ed effetti nel lungo periodo (malattie cardiovascolari, dell’apparato gastroenterico ed effetti sulla sfera psicoaffettiva).

Dunque è necessario individuare le misure organizzative e gestionali che adattano i turni al ciclo biologico e che vanno a mitigare il lavoro notturno, come pause, riduzione dei carichi di lavoro e sorveglianza sanitaria per la verifica periodica dello stato di salute dei dipendenti.

Per maggiori informazioni e l’accesso alla normativa di riferimento, cliccare Qui.

Fonte: D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66; D. Lgs. 26/11/1999 n. 532; Circolare MPLS n.8 del 03/03/2005; Legge 17/10/1967 n.977.

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